Nella Giornata Mondiale del Pane ho il privilegio di pubblicare per la rubrica “LA VOCE DEGLI ALTRI”, del CALENDARIO DEL CIBO ITALIANO.
Ho scelto una forma che amo particolarmente, un pane tradizionale catalano triangolare, detto “pan de croston” oppure “pan de picas”, oggi universalmente e semplicemente conosciuto come il PAN DALI’.
Parlare di pane e di arte è davvero appagante. Se poi le due tematiche convergono nello stesso, grande, unico, irripetibile personaggio, Salvador Dalì, il tutto diventa sublime, e anche un po’ surreale, come la sua pittura.
Salvador Dalì, uno degli artisti più eclettici e stravaganti di tutti i tempi, non si fece mancare proprio nulla durante la sua vita, esplorando ogni aspetto dell’edonismo, compreso quello gastronomico.
Il piacere per il cibo nasce nella vita intrauterina, con visioni di uova fritte sospese nel liquido amniotico. Dalì descrisse questi suoi “ricordi” nei minimi particolari, immortalandoli con la pittura. La sua opera è densa di soggetti gastronomici, soprattutto pane e uova, ma anche volatili, aragoste, sardine fritte, costolette di agnello, utensili da cucina, che si intrecciano ad altri soggetti stravolti, spesso in forma “liquida”, come ad esempio gli “orologi molli”.
A sei anni Salvador Dalì voleva diventare cuoco. Poi optò per la pittura, favorendo il suo straordinario talento naturale, e trasferì nell'arte le compulsive ossessioni per il cibo, i reconditi desideri e le visioni allucinate della vita prenatale, i ricordi infantili fatti di odori intensi e procaci figure femminili intente a preparare il cibo, le aragoste, le sardine e i ricci di mare delle frastagliate scogliere catalane, gustati nella sua terra, nella piccola regione dell’Empordà.
“La mia pittura è gastronomica, spermatica, esistenziale”. Così diceva, sintetizzando in tre aggettivi il suo stile e la sua estetica. Scrisse un libro di ricette, anche afrodisiache, dal titolo “Le cene di Gala”, giocando col nome della moglie Gala per indicare preparazioni raffinate ed elaborate, piatti eleganti e sontuosi, composizioni racchiuse in una cornice neobarocca di pura soddisfazione degli occhi e del palato, formidabili strumenti erotici.
Due elementi più semplici, basilari, “primordiali”, il pane e l’uovo, sono il leit motiv della pittura di Dalì, pervasa di piacere e sogno. Il pane e l’uovo sono anche protagonisti nell’originale architettura del Teatro-Museo di Figueres, il suo Tempio, la sua tomba. Il loro ruolo è quello di esorcizzare e vincere la Morte esaltando la Vita.
“Il pane è sempre stato il tema più feticista e ossessivo del mio lavoro, quello al quale sono sempre rimasto fedele”.
Due tele famose, dipinte a distanza di anni, entrambe titolate “Il cestino di pane”, ritraggono il pane come soggetto principale: quella del 1926, quasi una fotografia per la ricchezza di particolari e la precisione iperrealista, e quella del 1945, più semplice e minimalista, con un pezzo di pane spezzato con le mani, posto in un cestino disadorno.
Dalì indossava a mo’ di copricapo la tradizionale pagnotta catalana triangolare, a forma di cappello di torero:
“Tutti i miei gusti corrispondono alle idee che avevo già da bambino. Per esempio il pane che mi metto spesso sulla testa è un cappello con il quale mi presentai a casa quando avevo sei anni.
Svuotai un pan de croston, questa forma di pane catalano a tre punte, e lo misi in testa per stupire i miei genitori.”
Il pane fu sempre una vera ossessione per l’artista e l’uomo. A New York girò per settimane portando sotto il braccio una baguette lunga due metri. Il suo “pane rivoluzionario” doveva stupire, sconvolgere, sovvertire le logiche, creare un oggetto estetico da contrapporre all’idea del pane come sopravvivenza.
Il 12 maggio del 1958, in occasione della Fiera di Parigi, accompagnato da una schiera di panettieri mascherati con baffi finti, Dalì sfilava in processione con una baguette lunga ben dodici metri.
Ma il suo capolavoro doveva ancora arrivare. Nel 1971 Dalí chiese a Lionel Poilâne, titolare di una nota boulangerie parigina, ancora esistente, di costruire l’arredamento di un’intera camera da letto.
L’oggetto più impegnativo fu l’armadio, alto un metro e settanta e pesante circa settanta chili (di cui trentacinque di farina). Di questo “arredamento” è rimasto soltanto il lampadario, conservato proprio presso la boulangerie, di tanto in tanto rinnovato nelle parti edibili, per ovvi motivi.
Veniamo al nostro PAN DALI’, il pane a forma di cappello del torero, quello che funge da ossessivo ornamento esterno del Teatro Museo di Figueres. È un pane che realizzo spesso con varie tipologie di farina, anche integrale, la particolarità consiste soprattutto nella sua forma.
Per impararla, vi segnalo un video del Maestro di arte bianca Josep Pascual, specialista delle più fantasiose forme, sia tradizionali, sia inventate da lui. Dopo un po’ di pratica riuscirete a formare il PAN DALI’, e lo amerete anche voi, ne sono certa!
Per l’impasto potete procedere come per una normale baguette, la consistenza è la stessa.
Ricetta del PAN DALI' con lievito madre, per tre pagnotte da 600 g oppure due da 900 g:
1 kg di farina di frumento tipo 1 o tipo 2 di media forza (W240-280)
650/680 g di acqua
250 g di lievito madre
12 g di sale
Per chi non ha il lievito madre: create una biga con 165 g di farina, 85 g di acqua e 3 g di lievito di birra. Usatela quando è raddoppiata di volume, serviranno 5-6 ore a temperatura ambiente, o un giorno intero in frigorifero.
Per l’impasto potete procedere in questo modo: setacciate la farina nella vasca della planetaria, spezzettate il lievito e iniziate ad impastare versando poca acqua per volta. Gli ultimi 50 grammi di acqua andranno dosati a seconda delle capacità assorbenti della farina utilizzata.
Alla fine dell’impastamento, che durerà non più di 6/8 minuti, versate il sale e aumentate la velocità per un minuto.
Spegnete la macchina e fate puntare l’impasto per un’ora e mezza, facendo le pieghe per due volte, a distanza di 40 minuti.
Ponete l’impasto in frigo, in un recipiente coperto e leggermente oliato, per 12 ore circa (non deve raddoppiare).
Il giorno dopo riprendete l’impasto, fatelo ambientare e lavoratelo dandogli la forma del Pan Dalì.
Ponete le pagnotte in cassette di lievitazione, coperte, per un paio d’ore, fino a completa lievitazione. Nel frattempo avrete acceso il forno alla massima temperatura, preferibilmente con pietra refrattaria. Io abitualmente metto nel forno una larga ciotola con l’acqua, per mantenere la giusta umidità.
Prima di infornare le pagnotte, con l’aiuto dell’apposita paletta, spolverizzatele con un po’ di farina, vaporizzate ancora il forno con spruzzi d’acqua e infornate sulla pietra arroventata. Le pagnotte si gonfieranno nel forno, creando un piacevole contrasto di colore tra la parte bianca infarinata e la parte dorata, che ne esalterà la forma triangolare.
I tempi di cottura variano un pochino a seconda della grandezza delle pagnotte. Nel mio caso (3 pagnotte grandi da circa un kg ciascuna) serviranno 50 minuti, con temperatura iniziale al massimo, per poi degradare fino a 200°.
CREDITS IMMAGINI:
https://www.thedaliuniverse.com/en
https://it.123rf.com/archivio-fotografico/salvador_dali_museum.html
Commenti
Michela
Grazie mille per la tua visita, bacioni!
Bacioni
Grazie Maria Teresa. A presto.
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