Numero 11 della rivista Psiche Arte e Società: Le verità che cambiano
Il mio articolo è a pag.59: La buona musica: passato, presente e futuro. Disponibile sul sito Psiche Arte e Società
Vorrei ringraziare Amedeo per avermi chiesto queste riflessioni. Lo ha fatto in un momento per me complicato e un po’ triste, e lui, da buon terapeuta dell’animo umano, mi ha fornito la giusta cura.
Ho affrontato il tema delle verità che cambiano dal mio punto di vista di musicista e insegnante, ponendomi qualche domanda sui cambiamenti dei gusti musicali e sul ruolo, allo stato attuale, della musica “colta” nel panorama musicale mondiale.
Ho poi ripercorso gli anni di insegnamento a scuola, sono numerosi… ho fatto un salto indietro nel passato di ben 40 anni, e quasi mi spavento per l’enorme divario tra i miei studenti di ora e quelli di allora, per l’enorme differenza nel modo di fare e ascoltare musica. Ci sono tutti gli elementi per farmi sentire agée, per non dire vecchia che suona male.
Le differenze più evidenti:
- La tecnologia: dischi in vinile e cassette magnetiche sostituite da smartphone, che cambia l’approccio con la musica stessa
- L’ascolto: tanti concerti dal vivo sostituiti da ascolto prevalentemente registrato
- Il consumo di musica: non esistono più negozi di dischi, pochi sono quelli specializzati in impianti di riproduzione sonora di alta qualità; tutto viene “socializzato” o venduto via internet e ci si accontenta di bassa o bassissima qualità del suono
- La mentalità: essere aperti a qualsiasi genere musicale, cercare la buona musica con senso critico e capacità di analisi, mentre oggi noto molti più pregiudizi e comportamenti condizionati dai media
- La consapevolezza: le nuove generazioni fanno sempre più fatica a distinguere generi, forme e stili, perlopiù scimmiottano neologismi lanciati dai media, anche perché effettivamente le differenze talvolta sono minime
D’altra parte i cambiamenti non dipendono solo dallo scorrere inesorabile del tempo. La vita di alcuni compositori ci racconta la storia di verità ribaltate: compositori non pienamente compresi in vita, sono stati riscoperti dopo la morte. Il caso più eclatante è Johann Sebastian Bach: sottovalutato persino dai figli, è stato riscoperto da Mendelshon con l’esecuzione della Passione secondo Matteo nel 1829 a Lipsia, settantanove anni dopo la sua morte.
Un altro caso esemplare è Vivaldi, riscoperto ai primi del XX° secolo, quando inopinatamente vengono trovate casse piene di musica a Venezia e Torino. E scoppia la moda.
Spesso notiamo cambiamenti di stile evidenti o addirittura opposti, nella produzione artistica di molti compositori. Esemplare è Stravinskij, che sperimento tre stili lontanissimi tra loro. Ma anche Verdi, che si avvicinò moltissimo al suo rivale Wagner soprattutto nelle ultime opere, es. Otello e Falstaff.
Mi viene in mente un sottotitolo per il mio articolo: siamo nani sulle spalle di giganti. Sì perché a mio avviso è impensabile che i capolavori musicali del passato possano sparire. Piuttosto servono da “base di appoggio” per i capolavori del presente e del futuro.